Tanto tempo
fa, in una galassia lontana lontana, c’erano delle persone (sembra strano, ma
era così) che facevano film per il gusto di farlo, abbastanza lontani dalle sole logiche economiche, interessati a voler raccontare una storia e a
magnificare lo spettatore. Poi sono arrivati degli omaccioni con il simbolo del
dollaro al posto delle pupille e quell’epoca è finita. Oggi, tra alienoni
cattivissimi, zombi che ti escono pure dalla tazza del cesso, robbotoni di ogni
sorta che se le danno di santa ragione, scapoloni dal sesso facile e che (guarda un
po’!!!) si innamorano della tizia bella e intelligente, siamo a un punto morto! Quindi
cosa si fa? Si pensa a qualcosa di innovativo? Seh, troppo facile! Allora si
guarda al passato! Remake, sequel, prequel, spin-off,
sequeldisequelcheèunprequeldiunremake, non se ne esce più! Ma non si guarda al
passato come una qualunque tendenza artistica che si rispetti, no! Ma per
affondare a piene mani nell’immaginario collettivo e brutalizzarlo
selvaggiamente!
Detto
questo: Super 8. Sicuramente il caro
J.J. Abrahams non è lontano dall’arraffa arraffa hollywoodiano, anche lui ha
famiglia da mantenere, ma con Super 8
ha fatto un’operazione diversa e non biecamente economica. Super 8 è un omaggio!
Un omaggio continuo: al cinema come
artigianato, ai film anni ’50, ai film per adolescenti degli anni ’80, al mondo
materico della celluloide. Ora, J.J. ha sempre teso verso il passato: quelle
due palle assurde di Mission: Impossible
– 3 e il nuovo Star Trek, ci
hanno dimostrato di come sia nostalgico con la lacrimuccia facile, ma a dire il
vero non hanno funzionato in quella misura, hanno scatenato reazioni più del tipo: «ancora!?!?!». Pensiamo che c’è lui dietro Cloverfield, che per quanto sia un ottimo film, sotto certi aspetti
innovativo, è sempre una copia dei vari Godzilloni giapponesi anni ‘60.
Dai che ci
ridai J.J. alla fine l’ha spuntata: l’omaggio al suo (ma anche al nostro)
immaginario è riuscito a farlo. E.T.,
i Goonies, la saga di Indy (senza in
quarto, per carità), la trilogia di Ritorno
al Futuro, Stand by me con tutte
le loro impressioni e suggestioni si amalgamano al cinema moderno e (ebbene
si!) ti fanno sentire a casa tua quando eri piccolo e nel salottino, a gambe
incrociate sul tappeto, guardavi un mostro alieno tenerello e sformato che
volava su una bicicletta.
Diciamolo
però, la storia è presa paro paro da quelle esempio dei libri di sceneggiatura:
se c’è un clichè stai tranquillo che J.J. non ha perso tempo ad inserirlo. E
vabbè che ha produrlo sia stato Spielberg, ma fare una copia di E.T. mi è sembrato esagerato.
Allora ci
sono questi cinque ragazzini (sorvoliamo sulla storia
strappalacrimechetristezzaassurda del protagonista senza mamma, che è il filone
di glassa rosa e confettosa che percorre la pellicola) che vogliono fare un
film amatoriale di zombie (adoro la metanarratività), mentre stanno girando la
scena clou ecco che un treno militare deraglia e si scassa tutto fraccandosi in
millemila pezzi.
Si, lo so, manca il quinto |
I Jackson-Five-bianchi della situazione miracolosamente si
salvano e scappano alla chetichella con una roba strana fottuta sul lugo
dell’incidente. Il giorno dopo, ovviamente, i TG ne parlano, tutti ne parlano,
arriva l’esercito e i nostri eroi capiscono (beh, lo vedono nel video che
stavano girando, in effetti) che il treno trasportava un alienone che ha
pensato bene di darsi alla macchina nella loro ridente (ma assai!) cittadella.
Insomma, per farla breve, l’esercito vuole evacuare la città per stanare a
forza di incendi e bombe nel culo l’alieno in fuga. In tutto questo scenario
varie situazioni irrisolte: il padre del protagonista che non ascolta il
figlio, il protagonista innamorato della
ragazzina-figliadiquellocheubriacohacaustaol’incidentechehauccisolamadre (manco
Beautiful), rapporti di amicizia,
ecc. Ora il nostro protagonista capisce che l’alieno ha rapito (insieme ad
altri) anche l’amore della sua vita e così si infila insieme all’amico nei
cunicoli scavati dall’alieno sotto terra e va a salvarla. Vi ricordate il
pezzettino che i nostri si erano fregati dal luogo dell’incidente? Ebbene, era
un pezzettino dell’astronave-lego-componibile dell’alieno rimasto rinchiuso
nell’ormai sputtanatissima Area 51, quindi se il visitatore dello spazio vuole
tornare a casa ha bisogno di tutti i pezzetti.
Lo stesso faccino tenerello di E.T. |
Durante la “missione” di recupero
il nostro eroe salva ragazza, baracca e burattini, ma viene catturato
dall’alienone. Dopo il pistolotto lacrimevole in cui il Nostro chiede scusa e
dice al mostro altro cinque metri di scappare, l’alieno molla il ragazzino e
via nello spazio, ciao ciao, davanti ad una folla (ma la città non era stata
evacuata?) e davanti ai due padri (del protagonista e della ragazzina) che nel
frattempo hanno fatto pace (per salvare i figli, ma a conti fatti non hanno
fatto una mazza), abbraccio tenerello e titoli di coda. A lettere di mazzacane
più o meno la trama è questa, ma non ce ne può fregare di meno. Si, perché
non è per la trama che uno si vede il film (so che può sembrare assurdo) ma è
per la sicurezza del già visto, il piacere delle sorprese che non sono tali, il
gusto di ritrovare il proprio immaginario filmico, persino dello scontato e
rassicurante lieto fine.
Ohhhhhhhh... Il lacrimevole finale.... |
Non è la banalità a permeare il film perché i clichè
non sono incollati alla men peggio giusto per far durare il film due ore, ma
sono strategicamente piazzati per farti rivivere tutti i film della tua
infanzia. Ovviamente l’abbondanza di effetti digitali ti fa pensare: «ma
se questo è un film di fantascienza, io prima che cazzo ho visto?!». Ma
non sono invadenti e fastidiosi, anche loro si amalgamano ben bene con il
nostalgico fine del film.
Quindi J.J.,
ora che ci sei riuscito a fare un bel film omaggio-nostalgiaportamivia, perché
non provi a fare un film nuovo? Come? No? Ah, già, Star Trek 2. E vabbè…
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