Odio gli spoiler,
odio le recensioni piene di spoiler, odio chi fa gli spoiler, ma,
aihnoi, qui non si può evitare. Una recensione senza spoiler sarebbe
molto breve:
«Logan è uno straordinario film dedicato a Wolverine, più maturo, decadente, esistenzialista, girato con sicurezza, sceneggiato altrettanto».
E fine.
«Logan è uno straordinario film dedicato a Wolverine, più maturo, decadente, esistenzialista, girato con sicurezza, sceneggiato altrettanto».
E fine.
Alla fine Logan muore. Non giriamoci
attorno. Muore pure il Professor X.
Chiariamo
innanzitutto che chiunque pensi/scriva/dica che il film è anche solo
vagamente ispirato a Old Logan di Miller e McNieven allora non
ha capito niente del film e non si è letto manco il fumetto. Ma
dicevamo...
Le due morti del
film sono fondamentali per comprendere la grande capacità di Logan
di farsi un film spartiacque.
È forse la fine del supereroe, quella di cui stiamo parlando? Potrebbe… Dopotutto gli X-Men non esistono più, son rimasti pochissimi mutanti in giro per il mondo, Wolverine è vecchio, Xavier non ne parliamo proprio ed ecco che son pronti piccoli bambini mutanti creati in laboratorio. Questo, film, dunque segna un passaggio generazionale tra i mutanti, ma anche per i fan. Il caro Hugh va in pensione, ha dichiarato che non farà più film con Wolverine, lo capiamo, a breve supera i 50, lo ringraziamo per tutti il lavoro svolto, e quindi è la fine di un era. L’era dei primi X-Men al cinema! Ma anche l’inizio di una nuova epoca: cinecomics più intimisti affiancheranno quelli più fracassoni, le sceneggiature cercheranno di dedicare più attenzione ai personaggi e alle tematiche, insomma… Potrebbe (è sempre una speranza) aprirsi una nuova era per un genere, ora, talmente abusato, da rischiare il collasso. Chissà…
È forse la fine del supereroe, quella di cui stiamo parlando? Potrebbe… Dopotutto gli X-Men non esistono più, son rimasti pochissimi mutanti in giro per il mondo, Wolverine è vecchio, Xavier non ne parliamo proprio ed ecco che son pronti piccoli bambini mutanti creati in laboratorio. Questo, film, dunque segna un passaggio generazionale tra i mutanti, ma anche per i fan. Il caro Hugh va in pensione, ha dichiarato che non farà più film con Wolverine, lo capiamo, a breve supera i 50, lo ringraziamo per tutti il lavoro svolto, e quindi è la fine di un era. L’era dei primi X-Men al cinema! Ma anche l’inizio di una nuova epoca: cinecomics più intimisti affiancheranno quelli più fracassoni, le sceneggiature cercheranno di dedicare più attenzione ai personaggi e alle tematiche, insomma… Potrebbe (è sempre una speranza) aprirsi una nuova era per un genere, ora, talmente abusato, da rischiare il collasso. Chissà…
Interessante anche
l’affondo “politico” del film. Si perché è talmente fondante
questa cosa che non può essere stata messa li per caso.
I “nuovi”
mutanti sono frutto dell’incrocio genetico tra mutanti e donne
messicane. Ora… In un contesto politico come quello che stanno
vivendo gli Stati Uniti (e il Mondo) con Trump e i suoi muri… Un
film del genere, sempre di “cassetta” e per un grande pubblico,
prende una posizione abbastanza forte: il futuro è nell’unione.
Tematica, questa,
che c’è sempre stata con gli X-Men a fumetti o filmici: il
diverso!
Il diverso
perseguitato, il diverso ostracizzato, il diverso braccato, il
diverso ucciso. In Logan, andiamo oltre: il “diverso” non
esiste, tutti sono diversi, tutti sono “nuovi”, tutti
appartengono a questa specie di “postumanità”, e solo all’ibrido
(il diverso frutto di unione di diversità) si può affidare il
futuro.
Il tono del film è
plumbeo, cupo, drammatico, esistenzialista. Lo spazio per i
siparietti comici è risicato e ridotto a qualche risatina amara per
stemperare. Ma, niente, non c’è (ed è giusto così) spazio per la
simpatia-portami-via del Cinecomics Marvel.
Pur adorando
visceralmente Deadpool, e ringraziandolo perché senza di lui,
col cavolo che facevano sto Logan così disperatamente
violento, la violenza esibita e palese del film è diversa. In DP è
divertente, grottesca e surreale, in Logan
è drammatica e basta. A
volte anche troppo, a testimonianza che il mondo futuro non lascia
spazio all’eroismo da tutina di spandex.
Ultima
nerdica riflessione: il film si svolge del
duemilaventiquasitrentanonricordo. Il finale di Wolverine Xavier,
insomma, è già stato trattato. Ora, da qui a dieci anni se voglio
piazzare Wolvy da qualche parte, lo possono fare. Hanno, in pratica,
detto allo spettatore: «le avventure dell’artigliuto
canadese finiscono così, quindi godetevi le sue comparsate che
verranno (perché, adniamo, sappiamo che ci saranno) nei prossimi
film».
E
tenendo conto che nel cinema le avventure dei supereroi non possono
essere come quelle dei fumetti, e che, quindi, devono finire prima o
poi, non potevano scegliere finale migliore per Wolverine. Anche
perché fa un po' di summa per tutti gli altri x-film usciti fin’ora,
citando o richiamando quasi tutte le pellicole che lo vedono tra i
protagonisti (la spada, la piastrina, la statua della libertà,
citazione agli scontri nelle gabbie) e con quel pizzico di
metanarratività che non guasta mai (i fumetti sono racconti della
realtà… ci sarebbe da discutere molto anche di questo, magari in
seguito).
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