Chi pensa
che gli dei non abbiano bisogno di un po’ di sana e costruttiva analisi? Cioè,
i miti non ci hanno sempre mostrato degli Dei proprio equilibrati. Insomma,
Zeus era un sessuomane sempre pronto a inzuppare il biscotto, e forse con
qualche tendenza zoofila (dopotutto spesso si trasformava in animale), Dioniso
aveva un problema cronico con l’alcool, Efesto era un piromane… Insomma… Ma non
è che nel pantheon vichingo le cose siano andate diversamente: Tyr era un
masochista, con tendenze al martirio, che si è fatto sbranare un braccio da un
lupo e Frigga, con la sua chiaroveggenza, era ossessiva-compulsiva.
Ma anche i
più celebri Odino e Thor qualche problema lo avevano, e ce lo raccontano il
duo-scioglilingua Straczynski e Djurdjevic.
Che avrebbe
fatto Freud ad Asgard? Avrebbe teorizzato il “complesso di Odino” e non di
Edipo.
Ma andiamo
con ordine. Odino è da un po’ che ci ha lasciato le cornine, morto, è stato
sostituito da Thor. E la nostra storia comincia con Thor stroppiato e in fin di
vita riportato a palazzo per fare il “sonno di Odin… ehm… Thor)” e rigenerare
le sue ferite.
Chiuso in
una bara per la privazione sensoriale (così pare) parte con il suo trip
mistico. Che in realtà è un viaggio vero e proprio. Il nostro biondissimo
supereroe si incammina per un limbo, sospeso tra la vita e la morte, mentre la
sua controparte umana, lo sfigatissimo Dottor Donald Blake, assume una propria
e separata corporeità. Mentre il dott Blake va alla ricerca di Jane Foster, il
nostro dio del tuono comincia a parlare con i corvi di Odino. E che avranno
tanto da dire sti corvi? Insomma, il massimo che fanno e ravanare nelle
carcasse… Ma questi so corvi speciali, erano i messaggeri di Odino, qui invece
fanno da coscienza al martelloso Thor. E qui si psicanalizza duro!
Già, perché
il nostro caro Thor ha appena vinto il Ragnarok, il mega battaglione tra bene e
male, luce ed ombra, finale dei mondiali Germania-Italia, insomma distruzione e
rigenerazione dell’intero mondo. Rigenerazione si, tranne di un tizio: Odino!
Ebbene si, il caro Thor ha qualche problema con l’orbo papino. E giù con i
sensi di colpa. Infatti, il dio del tuono, vagando per questo limbo, trova il
padre Odino randellarsi selvaggiamente con Surtur, il cornuto cattivello che
non si è arreso alla morte e spera di riuscire ad uscire dal limbo per tornare
a dare il mondo in pasto alle fiamme. Ma Odino è li prono ad impedirglielo. I
due, infatti, sono costretti a combattere all’infinito, a morire e rinascere
ogni giorno, e giù a darsi di mazzate. Thor, un pochino, di sente in colpa a
non aver resuscitato il padre, dopotutto Odino si sta sacrificando ad un
eternità di sbudellamenti per proteggere il mondo dall’eventuale incursione di
Surtur.
Comincia
così una bella chiacchierata padre-figlio di quelle che andrebbero fatte con
una birra in mano o davanti lo specchio con papà ad insegnare come farsi la
barba. Invece, qui ci troviamo in mezzo ad aride montagne, ma vabbè è uguale. I
due si confrontano sul ruolo di “figli”. Odino, con suo padre Bor non si è
comportato proprio bene: una volta morto il genitore non ha fatto nulla per
poterlo riportare in vita ed è diventato il padre degli Dei alla faccia sua.
Mentre stava li a rodersi per i sensi di colpa, lo spiritello di Bor compare
davanti i suoi occhi e gli dice «smetto
di romperti le scatole se tu adotterai un figlio di un altro padre morto».
E chi sarà mai il pargoletto orfano? Loki! Quindi si, Bor, comunque punisce il
figlio per il tradimento. Stessa sorte toccherà a Thor? Odino gli chiederà
qualche cosa cattivella come forare gli occhi a dei neonati con ferri roventi?
No, per fortuna! Thor, infatti vuole resuscitare il padre, ma quello no,
niente, vuole passare l’eternità a stroppiarsi di mazzate. A Thor non resta che
combattere fianco al padre per recuperare il rapporto e risvegliarsi ancora
come re di Asgard.
Il,
linguisticamente malvagio, duo che ha creato questo albo, mette in piedi
un’efficace, seppur semplice, riflessione sull’importanza del ruolo di
“figlio”. Il biblico aforisma «le colpe
dei padri ricadono sui figli» poggia sul martello di Thor, il cui abbandono
del padre nel limbo sembra essere così naturale, come per Odino, a sua volta, è
stato semplice lasciare il padre in balia della morte. Il tutto per
“rispettare” il freudiano “complesso di Edipo”: «per essere quello che siamo, dobbiamo uccidere i nostri padri»
consiglia tenerellamente Odino. Insomma, a lui che gliene frega, è già morto. Infatti,
sta cosa vale solo per gli dei, a noi comuni mortali basta ribellarci
all’autorità genitoriale. Ma ciò non toglie che, nonostante Thor abbia
millemila anni e sia un adulto già bello e fatto, non è ancora uscito
dall’ombra paterna e, per questo, una volta che Odino è finito zampette
all’aria, lui non lo abbia riportato in vita. Si, è vero, è psicologia da
bignami, ma è interessante il percorso di autoanalisi che Thor fa. Dopotutto si
sente in colpa, non ha affrontato il contraddittorio con papino suo. Il viaggio
nel limbo serve a questo.
E poi… Che
meraviglia di disegni! Ohmiodiocosasono i disegni! Parliamo della “Limited
Deluxe Edition” (arrivata ai miei occhi grazie all’Ingegnere e al Capo) tutta
in bianco e nero. Allora, mi son andato a cercare sul caro vecchio google
immagini, la versione a colori americana e… No! Cioè, si è bella, per carità,
ma le meravigliose matite di Djurdjevic (che fatica scriverlo!) rendono molto
meglio in bianco e nero.
La statuarietà dei corpi, la spigolosità dei volti,
sguardi da risveglio alle cinque del mattino per andare a lavoro di lunedì, si
colorano (no, cioè… vabbè… avete capito) di una serie di sfumature più efficaci
e affascinanti. Le scene di battaglia ricordano le matite straordinarie del
Conan del grandissimo-tiamo Buscema. Nonostante a volte sembra avere il sentore
di guardare degli sketch piuttosto che dei disegni finiti e rifiniti, la
possenza delle immagini non viene assolutamente ridotta ma, come ho già detto,
si carica del fascino evocativo del bianco e nero “classico”.
Un piccolo
gioiellino di narrativa dai meravigliosi disegni e dalla sceneggiatura
intrigante che si racconta del difficile rapporto tra genitori e figli e lo fa
con l’efficacia del linguaggio del fumetto e il fascino delle icone
marvelliane.
ps. spero che Rosa Perlato, leggendo il post sia clemente... Dopotutto l'esperta delle beghe familiari di casa Asgard è lei!
ps. spero che Rosa Perlato, leggendo il post sia clemente... Dopotutto l'esperta delle beghe familiari di casa Asgard è lei!
Da amante del "Bianco&Nero" sono contento che, in fin dei conti, ti sia piaciuto ;) ed il titolo sembra perfetto per le due figure... il miglior "matrimonio artistico" a mio avviso ;)
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