Il problema dell’essere nerd è che (diffidate di chi ammette il
contrario) nerd non si nasce, ma si diventa. Si, può esserci una
predisposizione, ma non si nasce nerd! E questo, per ogni nerd che si rispetti,
è un bel problema: recupera storie, recupera albi, t’incazzi col te stesso
passato per non aver preso quella edizione o quel racconto, speri che arrivi
Doc con la sua bella Delorian a dirti «i
fumetti, dobbiamo andare nel passato per comprare i fumetti!», ma niente!
Sei costretto a barcamenarti tra ebay, fiere del fumetto, mercatini dell’usato
per trovare quelle storie che hai scoperto essere capolavori del fumetto e…
Niente! Ti freghi perché non le trovi, e allora aspetti la ristampa. Mi è
capitato un’inifitalione di volte: Watchmen,
Marvels, Il ritorno del cavaliere oscuro, ma anche fumetti più recenti e
meno importanti come le prime storie di Deadpoo. Ti freghi e aspetti le
ristampe che, oh, non saranno volumi pregiati da collezione ma, almeno, riesci
a leggere delle grandi storie.
Ed è il caso di Spiderman - Il Regno. Non è chissà quanto vecchia, anzi, 2007, ma quella copertina con Spidy contuso e ferito che abbraccia la tomba di Mary Jane mi aveva sempre incuriosito. Aspetta, aspetta e aspetta, e finalmente, con sommo ritardo rispetto al mondo nerdiatico, me lo son letto.
Strano, ebbene si, è stato strano: da un lato mi son letto un grande
racconto, scritto con amore del personaggio e con fedeltà allo spirito dello
stesso, pieno di rimandi al suo universo e dall’altro ho avuto una sensazione
fortissima di dejavù, una similitudine mooooooolto evidente con il Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank
Miller.
Si, lo so, spesso è stato paragonato al megacapolavoroassolutodelmondo
di Miller ma, più che paragone, io parlerei di riproposizione paro paro delle
tematiche concettuali del Batman milleriano: eroe vecchio e sconfitto,
ultraviolenza del futuro distopico, classe politica super corrotta, incidenza
mediatica della tv edulcoratrice… Insomma, tutti i temi con cui Miller ha
raccontato del vecchio e ancor più incazzoso pipistrellone. E questa è forse la
pecca del lavoro di Kaare Andrews che, firmando sceneggiatura e disegno, si
appoggia ad uno dei capolavori del fumetto.
Un’altra “non propriamente
pecca” è il disegno: forse eccessivamente caricaturale nel delineare i volti,
si presta egregiamente, invece, per quanto riguarda le scene d’azione o
drammatiche. La deformazione del tratto aiuta molto la sceneggiatura: Peter
vecchietto è, infatti, continuamente obnubilato da allucinazioni drammatiche o
angoscianti su Mary Jane, verso la quale nutre una serie infinita di sensi di
colpa. Il punto forte del racconto, che fortunatamente si discosta da quello di
Miller, è il dramma dell’eroe che non è riuscito a salvare i suoi cari: Spidy è
diventato tale perché non ha salvato zio Ben, ed ora lo troviamo, ormai
vecchio, ancora nella medesima frustrazione con Mary Jane ormai cadavere e J. Jonah Jameson (non propriamente un suo
“caro”, ma abbiamo capito) devastato dalla senilità in cerca di redimere una
vita di contro-UomoRagno.
A proposito della morte di Mary Jane, c’è da dire che
Andrews ha avuto una bella idea, anche se non proprio (per niente) originale:
M.J. è morta di cancro per duratura esposizione alle radiazioni e Peter questo
non riesce ad accettarlo, non riesce ad accettare che il loro amore è stato la
causa della morte della sua amata. Ora, l’idea di appesantire l’animo
tormentato del vecchio Spiderman con questa “colpa” affascina e getta una
inquietante ombra sulla vita avventurosa del nostro, ma, aihmè, è stata “presa
in prestito” da un altro capolavoro del fumetto, Watchmen, con il suo blu, radioattivo e dalla cinciallegra
importante Dottor. Manhattan.
I grandi cattivi dell’Uomo Ragno tornano anziani e tra un catetere e
un pannolone cercano ancora di fare la pellaccia a Spidy. Su tutti il Dottor
Octopus che, ormai scheletro in putrefazione senza vita, continua a dare
tentacolo da torcere grazie ai suoi “figli”, i quattro braccioni metallici. Ma
il ruolo del cattivone è di Venom, e non potrebbe essere altrimenti. Dopotutto,
il simbionte, è la controparte negativa di Spiderman, non ne condivide solo i
poteri, ma scopriamo, anche la solitudine e l’abbandono. Ora i due “ragni” sono
simili ma è la vocazione a separarli: il primo vuole “infettare” con il
simbionte gli abitanti di NY, l’altro accetta la propria solitudine da eroe ed
è pronto a scarificare se stesso per la vita degli altri.
Punto di forza è senz’altro il racconto “a più voci”, ognuna delle quali si interroga sulla propria vita e sulle proprie colpe, ma tutte, alla fine, votate alla rinascita, ad una “resurrezione” delle coscienze da troppo sottomesse ad una senescenza morale (tiè tiè, forse ho esagerato). Ad essere “vecchi”, non sono solo i personaggi, nel corpo e nella mente, ma anche l’intera città, l’intero futuro, che rifugge ogni cambiamento.
Lo so che questa può sembrare una recensione ambigua, ma non vuole
esserlo. Andrews imbastisce un racconto comunque molto affascinante e regala un
velo di cupezza alla figura di Spiderman, comunque, sempre pieno di battute e
simbolo della libertà fisica e mentale solo di chi può volteggiare tra i
palazzoni di New York, non più “grande mela” solare, ma cupola oscurata dalla
pioggia e da una sorta di notte eterna. Si, pesca qua e la nel mondo del
capolavoro del fumetto, ma riesce ad essere coerente nel racconto e a ricordare
a noi lettori che da un grande potere deriva una grande responsabilità, a costo
della propria vita e della propria felicità.
PS. Non so se è proprio così, ma leggendo questo fumetto si è accesa la mia lampadina da videogiocatore: il gioco Spiderman: il regno (visto?!?!) delle ombre, ti mette nel costumino attillato di Spiderman per riempire di coppini ragnesci Venom e la sua moltitudine praticamente infinita di simbionti, in una Manhattan deserta e in quarantena, situazione simile (la città in una gabbia “protettiva” manco per niente) presente nel fumetto di Andrews.
Un caso? Noi di “Viaggio per Nerdopolis” pensiamo di no!
Nessun commento:
Posta un commento