Ci ho messo un po’ di tempo prima mettermi a leggere questo graphic
novel, per la semplice ragione che volevo approfondire, per fatterelli miei, la
figura del diversamente quieto Michelangelo Merisi da Caravaggio. Non parlo
delle opere o della lettura delle stesse, parlo della personalità (per quanto
si possa desumerla dalle poche e moooolto tendenziose testimonianze) e della
figura sociale del pittore incazzoso e geniale. Dici tutto questo per leggere
il fumetto? No, però, unire l’utile al dilettevole è sempre un bene. Orbene, e
com’è il passaggio dal Maestro 600esco a quello fumettaro contemporaneo?
Eh…
Non solo, la ricostruzione dell’epoca, dei costumi, della Roma di fine
‘500 è assolutamente magnifica. La 500esca città eterna, letteralmente,
ricompare nelle pagine del volume: riconoscibile dai nostri occhi
“contemporanei”, ma anche nelle immagini che secoli di storia dell’arte ci
hanno tramandato.
Interessante il colore: scene avvolte da una cupezza diffusa, così
come è giusto che sia. Noi vediamo la storia attraverso gli occhi del
Caravaggio, quindi con poca allegria, tanta rabbia e con forti accenti
chiaroscurali. Dopotutto, se avete presente i suoi quadri… Ok…
I riferimenti all’epoca, alla vita, agli amici, ai nemici di
Caravaggio, sono disseminati ovunque, aprono e raccontano uno spaccato
realistico e reale della vita turbolenta del pittore. E, cosa assolutamente
buona e giusta, i quadri son stati ridisegnati. Se tu stai facendo un fumetto
sull’arte, non puoi appiccicarci i “veri” quadri. Ogni riferimento a Bonelli è
puramente casuale. Il medium si adatta e deve rielaborare l’altro linguaggio,
sennò stride. Anzi, ti da proprio fastidio!
Ma… Si lo so che sto “ma” aleggiava da un po’…
Ma… Il caro vecchio Milo Manara ha fatto quello che speravo non
facesse. Vuoi per mancanza di “spazio” (un racconto del genere necessitava di
molte più tavole), vuoi per il desiderio di concentrasi sulle (magnifiche)
immagini… Il racconto risente di una sceneggiatura troppo spicciola, che arriva
subito al sodo, e che quel “sodo” è, aihmè, la formula alquanto banalotta del
“genio e sregolatezza”. Chiariamo: Caravaggio era proprio così, non se ne è
stato quieto manco un poco nella sua vita, è finito presto a zampe all’aria, ha
assassinato un suo rivale, è riuscito a mattersi contro tutte le persone
influenti di Roma (non poche, quindi).
Insomma, ste frasi da bignami di Storia dell'Arte... |
Il problema è lo stesso, ma molto meno per fortuna, di quel coso
chiamato serie tv, che è Da Vinci’sDemons: il colpo di genio artistico che viene all’improvviso, come in stato
di “estasi”. Senza escludere questa possibilità, ammettiamo che la ricerca
assoluta della “verità” per Caravaggio era nella vita quotidiana, non nelle
esplosioni del momento. Caravaggio “studiava” la verità prima di tradurla in
pittura: fin troppo banale è il momento il cui il caro C. vede una donna e
pensa all’improvviso «è bellissima con
questa luce», facendoci capire che tutte le ricerche, lo studio,
l’attenzione alla “naturalezza” del quotidiano, erano una palla tramandataci
dagli storici dell’arte. Per carità, Manara non voleva mica fare un saggio su
Caravaggio, ma mi è dispiaciuto trovarmi a leggere sostanzialmente sempre lo
stesso racconto dell’artista tormentato e geniale, infarcito di retorica.
Ma dopotutto, quello che Manara fa, è un omaggio grafico, un pegno
d’amore rappresentativo ad un genio assoluto dell’umanità: uno dei più grandi
artisti contemporanei, un maestro del fumetto e dell’illustrazione mondiale, fa
rivivere un precursore di tanti linguaggi artistici contemporanei, capace come
pochi, di anticipare secoli di pittura.
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