31 ottobre 2017

The Final Girls: e chi se lo aspettava? [Recensione]

Ci sono dei film che tu guardi così tanto per, un po' per distrazione, un po' per noia, un po' perché ormai stai li e non ti va di alzarti dal divano per cambiare. Raramente questi film ti sorprendono, raramente ti ritrovi a pensare «ah com’è carino sto film», però, ogni tanto capita!
Così è stato The Final Girls!

Attenzione! Nessuno gridi al capolavoro! Perchè, diciamocelo, non è che l’idea alla basa del film sia tutta sta innovazione… Però, per com’è fatto, il suo obiettivo lo raggiunge pienamente.
In questo periodo, e quante citazioni-omaggi-remake-recuperi che abbiamo degli anni ‘80? Tutti colti dalla nostalgia-portami-mia… Tutti a ripensare ai “miti” di quegli anni… Insomma, perfino i bimbiminkia che negli anni ‘80 non erano neanche nel pensiero delle loro madri, all’epoca adolescenti… Perchè diciamocelo, con le dovute pinze, gli anni ‘80, per chi era piccolo negli anni ‘80, rappresentano una sorta di magico ricordo di tenerezza, di infanzia fatta di cataloghi GIG per scegliere cosa farti portare da Babbo Natale, di ore spese a guardare robottoni giapponesi che si picchiavano, tartarughe mutanti adolescenti ninja, di capolavori del cinema da Indiana Jones, passando per Ritorno al Futuro verso I Goonies e altre millemila filmoni che non possiamo mica elencare, sennò…
Insomma, va ricordato anche che la decade degli 80 ha cacciato i must dell’horror contemporaneo: nei tardi ‘70 (1979, precisamente), John Carpenter mostrava al mondo il suo Halloween, iniziando l’era dei teen horror, poi arrivò giusto un anno dopo Venerdì 13, capace di cacciare un fottio di seguiti, Poltergeist del redivivo Tobe Hooper, ed infine il Nightmare dell’EiFu Wes Craven. Capostipiti, questi, del genere che hanno condizionato enormemente il panorama horror!
E The Final Girls parte proprio da questo.
Siamo ai giorni nostri e il “ritorno agli ‘80”, i nostri protagonisti, lo fanno con il film horror “Camp Bloodbath”, che scopriamo essere non altro che un omaggio al caro Jason Voorhes.
La protagonista ha perso la mamma in un incidente. Mamma, che era un’attrice fallita, ricordata solo per la sua particina nel film in questione. Nell’anniversario del film, l’associazione locale decide di fare una proiezione speciale al cinema. Ovviamente le cose vanno differentemente dalla semplice visione di uno slasher movie anni ‘80: scoppia un incendio (divertentissima la sequenza) e nel fuggi fuggi, la ragazza e quattro amici suoi, si ritrovano dentro il film!
Ok, questa “ideona” è abbastanza vecchia, ma l’idea originale è quella che i ragazzi si ritrovano all’interno della pellicola vera e propria.
Mi spiego meglio.
Titoli, didascalie, voci fuori campo, flashback, tutto ciò che è presente in quell’ora e mezza di film, i protagonisti lo “vivono”: devono scavalcare una scritta, tutto diventa in bianco e nero durante il flashback, insomma, la metanarratività è all’ennesima potenza.
Si, siamo pieni di film ammiccanti, citazionisti, ma il divertimento del film è lo stesso che si provava con il primo Scream, solo molto più palese e molto più “giocoso”: non è semplice “omaggio” al genere o agli anni ‘80, ma un vero e proprio “vademecum” delle regole degli slash movie con adolescenti per protagonisti.
Insomma, una sorpresa divertente e piacevole, un gioco per loro che lo hanno fatto e per te che lo guardi, perché tu, che sei davvero nato negli anni ‘80, hai in te i “miti” di quegli anni. 
E la piacevole sensazione di calore da maglione brutto con fantasie improponibili, tu, la senti davvero.

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