6 novembre 2016

Inferno: direi più Le sette Cornici del Purgatorio [Recensione]



Per Dante il Purgatorio è quel luogo di passaggio per le anime già salve che devono ancora espiare le proprie colpe prima di ascendere al Paradiso. Ebbene, per gli autori di questo film sono tanti i peccati da espiare. Non così gravi da finire all’inferno, ma comunque un giretto per le sette cornici dei peccati capitali glielo farei fare.
In principio era Dan Brown che. peccando di avarizia, ma anche un po’ di accidia, ha venduto i diritti per un film realizzato ben 7 (un caso? Noi di “Viaggio Per Nerdopolis” pensiamo di no!) anni dopo il seguito.
Ma giustamente qualche miliarduccio in più fa sempre comodo, specie visto che del tuo Robert Langdon non se ne sente parlare da parecchio. Ron Howard colto da superbia ha pensato di cimentarsi ancora con Langdon, sperando di campare di rendita con i primi due film. La lussuria è quella dello sceneggiatore che ha voluto mettere in sottofondo una storiellina d’amore inespresso tristissima tra anziani.
La gola invece è il peccato di Tom Hanks che come uomo d’azione di 100 kili, insomma, non tanto regge. L’invidia e l’ira invece sono i tuoi peccati da spettatore: un po’ perché invidi i bambini nella sala accanto che si fanno grasse risate vedendo Pets e ira perché esci dal cinema un po’ incazzato. Dopotutto i primi due non erano stati affatto male (meglio il secondo): si thriller non proprio eccelsi, ma con le loro due orette di misteri e intrighi ti intrattenevano piacevolmente.
Insomma, questo Inferno si rivela una delusione. Non un brutto film, ma una delusione. Non alta, perché non erano alte neanche le aspettative, ma un film con parecchie stonature.
Senza far spoiler (anche se non è che stiamo parlando chissà di cosa…), il film è pieno di situazioni inutilmente articolate e complicate ed altre invece veloci, sbrigative e, ebbene si, prevedibili. Insomma, i primi due, se ne può dire ciò che si vuole, ma non erano prevedibili. Invece qui, lo sceneggiatore di chiama a telefono mentre vedi il film e ti dice «stai guardando? Eh? Che mo c’è un sorpresone che non ti aspetti!», e tu, dopo la quarta telefonata gli chiudi la chiamata.
Il problema sono i miliardari egoici!
Ed è un film senza epica! Prendiamo la parola “epica” con le dovute pinze. I primi due, a loro modo, erano “epici”, ti suggerivano un racconto di ampio respiro, storicizzante, che non riguardava solo i personaggi del presente, ma trame tessute nel passato. Qui no! E non è uno spoiler, perché è dichiarato nei primi tre secondi di film: tutto il misterioso misterione pieno di enigmi è strutturato da una persona nel presente, che tipo Saw L’Enigmista, non capisci quando ha avuto tempo-modo-occasione-nomi-città per realizzare questo elaboratissimo (insomma) piano. Non è un enigma rimasto sepolto nel corso di secoli e questo lo allontana moltissimo dalle atmosfere dei primi dure.
C'è tanto Dante in questo film, quanto in Transformers!
Si lo so, sto sempre a paragonarlo agli altri film. Ma è un passaggio obbligato! Non sono tre film collegati tra loro, non è una “trilogia” nel senso canonico del termine ma, avendo un forte protagonista in comune, non puoi separarli e basta.
E, poi, anche come film in sé non vale poi così tanto: ritmo discontinuo, si rende facilmente noioso e, sinceramente, poco attrattivo. Se non fosse per la location di Firenze (poco e male sfruttata, diciamolo) sarebbe uno di quei filmetti che Nicolas Cage fa da dieci anni a questa parte.
Ebbene si, un film che si regge sugli altri due sperando così di avere autonomia, ma niente, non ce la proprio mai a decollare. Tenta di evocare quelle atmosfere ma ne è distante anni luce.
Che dire, dobbiamo sperare in un quarto? Beh, c’è sempre un quarto libro con Robert Langdon, Il Simbolo Perduto, non si sa mai riescano ad aggiustare il tiro… O a peggiorarlo…

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